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Garrone a Repubblica: «La Samp è un affare di cuore»

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Garrone a Repubblica: «La Samp è un affare di cuore»

Edoardo Garrone a tutto tondo. Un primo bilancio, a cinque mesi dal suo insediamento al vertice gestionale della società. Passato, presente, futuro. Gli errori e le critiche. I suoi sogni, le sue aspirazioni. Pubblichiamo di seguito l'intervista esclusiva rilasciata dal vicepresidente vicario della Sampdoria all'edizione genovese del quotidiano la Repubblica.

Dicono
di lei, o di voi, inteso come famiglia Garrone. Se siamo a questi
punti, è perché a loro della Sampdoria non importa nulla.

«Critica
assurda. Io patisco se perdiamo un derby, soffro davanti a una
sconfitta. Ho visto vincere uno Scudetto, ho goduto dal vivo, una
grande fortuna, e porto dentro di me questo ricordo per sempre. Ero a
Wembley, abbiamo perso, ma ho visto le maglie blucerchiate in finale
di Coppa dei Campioni».

Perché
allora un proprietario tifoso vende Pazzini?

«Altro
discorso, errore grave, come altri commessi, uniti ai rimpianti,
quali la perdita di Marotta. È un peccato che si sia interrotto il
rapporto fiduciario esistente tra lui e mio padre, il finale era
inevitabile, sarebbe stato meglio però che non fossero mai iniziati
gli screzi. Accetto però di ripartire dalle critiche, è
un'occasione per fare chiarezza a cominciare dalla favola di mio
padre con il braccino corto».

È
uno dei ritornelli più gettonati.

«A
cui replico così: se si dice che i Garrone hanno investito male,
accetto. Che non sono stati capaci, posso concordare. Mio padre ha
creato un impero industriale, non si può essere perfetti e il calcio
è pieno di variabili. Però ci vuole onestà intellettuale. Soldi
buttati? Forse. Alla fine a comandare sono i risultati. Però soldi
tanti. E altri che siamo pronti ad investire».

Altra
accusa diffusa. Hanno fatto retrocedere la Sampdoria così la vendono
meglio.

«Noi
dobbiamo tornare assolutamente in A. Subito, al primo anno. Vogliamo
parlare di economia? La B è un bagno di sangue, anche se, grazie ai
miei collaboratori fidati, a cominciare da Sensibile, siamo riusciti
a ridurre un po' il monte ingaggi e i costi. Due stagioni di fila
sarebbero tremende. E poi non le voglio nemmeno da tifosi. Scusate,
ma se volessimo liberarci della Sampdoria, non sarebbe stato meglio
tenerla in A? Venderla quando vale molto, magari in Champions League?
Adesso è deprezzata, se le critiche fossero vere saremmo stati
pessimi amministratori. La verità è un'altra: abbiamo commesso
degli errori, a cui ora vogliamo porre rimedio. Ci siamo presi le
colpe, ma chi vuole accusarci, lo faccia su cose vere. La mia
famiglia vuole mantenere la proprietà della Samp, la consideriamo un
nostro patrimonio, oltre che di città e tifosi, e per dimostrarlo ho
un esempio facile».

28_egarroneQuale?
«Avessimo
voluto defilarci, avremmo potuto affidare la gestione ad un manager
esterno. Invece sono intervenuto io in prima persona, con il sostegno
e la fiducia della mia famiglia. Mossa che può essere vista in due
modi. Aziendale? L'occhio della proprietà è sempre utile. Ma se
permettete, anche passionale. Ho in mano le chiavi da cinque mesi e
il mio primo bilancio è assolutamente positivo, anche se so che il
calcio è pieno d'insidie e qualsiasi programma va visto comunque a
lungo termine. La Sampdoria è entrata di prepotenza nella mia
giornata, ma ho grande fiducia in come ci stiamo muovendo. Al punto
da cullare due sogni, uno immediato, l'altro più lontano».

Quali?
«Il
primo è semplice, la Sampdoria, con i tifosi che ha, non può che
giocare in A. Sogno imprescindibile, da centrare a giugno. Il secondo
è un desiderio o se volete una sfida. Ammiro l'Udinese, la gestione
della famiglia Pozzo, potrei dire che la invidio, ma preferisco
definirla un modello, a cui la Sampdoria deve arrivare. Se un domani
dovessi lasciare, vorrei che la Sampdoria fosse così, sana
economicamente e forte a livello sportivo. A quel punto avrei vinto
la mia scommessa, che è guadagnarmi sul campo la stima dei nostri
fantastici tifosi e meritarmi la fiducia che mi ha dato la mia
famiglia».

A
proposito del pubblico: 17mila abbonati e qualche fischio in
occasione delle gare casalinghe.

«Due
cose diverse. Se la squadra non gioca bene o non vince, la gente ha
il diritto di di disapprovare. I tantissimi abbonati invece sono un
segno tangibile di passione rara. Tifosi meravigliosi, che potrebbero
fare di più, se non ci fosse un sistema di regole assurde che li
penalizza, soprattutto in occasione delle trasferte».

Si
riferisce alla tessera del tifoso?

«All'incapacità
di risolvere i problemi di ordine pubblico e alla presa in giro a cui
è sottoposta la nostra gente. Si stabiliscono stadi off limit senza
dati oggettivi, si negano viaggi a tifoserie gemellate. I nostri
governanti dovrebbero capire il danno economico che infliggono alle
società, e non mi riferisco tanto alla Samp, noi in casa abbiamo
tanti spettatori, ma ai piccoli club. Una trasferta di massa
porterebbe indotto, biglietti stadio, ma anche ristoranti pieni. Le
strade per combattere la violenza sono altre, il nostro “Fair Play
Village” per esempio, un'operazione simpatia che sta portando
risultati straordinari. Presto qualcuno ci copierà, il Padova ha già
preso informazioni».

Atzori
è in discussione?

«Gode
della massima fiducia, perché deve avere il tempo di completare il
lavoro. È chiaro però che da lui ci aspettiamo risultati migliori,
è il primo a saperlo. Tutti hanno detto che la Sampdoria è la
squadra da battere, dobbiamo dimostrarlo sul campo».

Vale
anche per i giocatori?

«Soprattutto
per loro. Sono trattati benissimo, non hanno più alibi. E chi non è
contento, lo dica, porte aperte. C'è il mercato di gennaio, dove ci
rinforzeremo. Con chi c'è e chi eventualmente arriverà».

Da
imprenditore che opinione ha di Genova in questo momento?

«È
la solita città ferma, che non coglie le occasioni, vivacchia e si
mette di traverso se qualcuno vuole investire. È molto specchio
dell'intero paese, basti vedere come hanno trattato il nostro
progetto stadio. Era un investimento da 200 milioni, dava lavoro, è
stato osteggiato in tutti i modi. Serve una svolta».

Quale?
«Dalla
politica sinora non ho visto molti segnali in questo senso. Eppure le
risposte ci sono, dall'hightech all'università, ma attenzione:
dell'industria, anche trasformata, questa città non può fare a
meno».

Nella foto Pegaso, Edoardo Garrone. vicepresidente vicario della Sampdoria.

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