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Giorgio Ajazzone, trent’anni di Samp per vivere un sogno

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Giorgio Ajazzone, trent’anni di Samp per vivere un sogno

Il team manager e i suoi trent'anni in blucerchiato: «Vivo in un sogno, sono una persona fortunata che dalla Samp ha ricevuto molto più di quanto ha dato».

14_ajazzoneTrent'anni non sono un giorno, specialmente se rappresentano metà della storia della società cui da una vita si appartiene. Giorgio Ajazzone alla Samp appartiene da una vita, e della Samp stessa ha vissuto, da dentro, metà storia.

Un lungo sogno. Facile per assonanza affermare che Giorgio Ajazzone sia dunque metà della Sampdoria, o quanto meno custode di metà delle memorie storiche di un club prestigioso e particolare come quello blucerchiato. Di metà delle memorie storiche in senso cronistico, di quelle più importanti in senso assoluto. Saltando la fondazione, cui per ragioni anagrafiche Ajazzone non potè assistere attivamente, il team manager doriano ha partecipato a tutte le tappe del cammino che ha scritto la gloria e sancito la messa in calce di una delle favole più belle del calcio italiano. «Ho vissuto un sogno – dice lui stesso, nella palazzina del Mugnaini, traguardo di trent'anni di vai e vieni -, sono un uomo fortunato». Come dargli torto? Lasciando un momento in secondo piano i successi del club, comunque incredibili per le possibilità della piazza, restano due cose: la gratificazione impossibile da raccontare di aver davvero preso parte a qualcosa di immortale ed il lascito di rapporti umani con monumenti del pallone nostrano, che rappresentano poi la vera eredità di cui, oggi, Ajazzone gode. «Ho tanti ricordi, di tutti, tutti belli. Potrei nominare uno per uno coloro che sono passati di qui e sorridere. Non lo dico per convenienza, è la pura verità. Per me il rapporto umano è sempre venuto prima di ogni altra cosa, credo che le amicizie rimaste fuori dall'ambiente Samp lo dimostrino chiaramente. Ed è una grande soddisfazione».

Mantovani. Giornate in blucerchiato Ajazzone ne ha vissute tante dal 1978, anno del suo insediamento in società. «Arrivai qui come impiegato, ai tempi della presidenza Costa. In quel momento le cose non andavano benissimo, ma non ci è mai mancato nulla: i dipendenti venivano trattati quasi meglio dei calciatori». Poco dopo, era il luglio del 1979, l'avvento di Paolo Mantovani. «Una persona incredibile, speciale, magica. Lui ci ha fatto vivere un sogno, non potrò mai ringraziarlo abbastanza. Ricordo le lunghe notti in sede: lavoravamo fino alle due del mattino magari, ma non ci pesava, si respirava un entusiasmo incredibile. Mantovani faceva gruppo con noi, veniva a far qualche chiacchiera dopo aver finito nel suo ufficio, ci faceva sentire importanti. Sono cose che non si cancellano».

I campioni. Gli anni d'oro trascorsi in volo, senza mai toccare terra, poi il ritorno in B e l'avvento dell'era Garrone. «E' un altro calcio oggi, ma credo comunque, e spero, che la Samp possa tornare a vincere qualcosa». I campioni, tanti. Tantissimi. Da Alviero Chiorri. «Un po' matto, ma che giocatore!». A Roberto Mancini. «Carattere particolare, però Roberto era un campione in ogni senso». A Gianluca Vialli: «Ragazzo intelligentissimo, in campo e fuori». A Ruud Gullit. «Andavamo a cena fuori una volta a settimana, è un amico». A Francesco Flachi. «Per me è stato come un figlio. Testa tutta sua, ma gli ho voluto e gli voglio bene». Per chiudere con Antonio Cassano. «In un anno e mezzo che è qua mi ha dato quanto in trent'anni non ho mai ricevuto. Antonio è speciale veramente, gli voglio bene».

Antonio. E il barese lo ripaga con uno scherzetto dei suoi. Durante l'intervista – disponibile anche a video, la settimana prossima su Samp Web Tv -, realizzata nella saletta al primo piano della palazzina di Bogliasco, Peter Pan comincia a tirare pallonate sul vetro alle spalle di Ajazzone. Poi, il numero. Gol nella finestra piccola socchiusa e palla dentro la stanza. Cassano sale su, entra, raccoglie il pallone e va a dare un bacino ad Ajazzone. «Però ora non ti mettere a piangere, eh!». Trent'anni vissuti in un sogno, che ancora non è finito. Pochi possono dirlo. Tanti auguri Giorgio!

Nella foto Pegaso, Giorgio Ajazzone e lo spogliatoio di Bogliasco: la sua seconda casa.

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