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Mazzarri: «Io il bicchiere lo vedo più che mezzo pieno…»

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Mazzarri: «Io il bicchiere lo vedo più che mezzo pieno…»

Il tecnico della Samp alla ripresa degli allenamenti: «Finalmente potrò lavorare sul campo, occorre recuperare lucidità e brillantezza. Ma resto convinto che sin qui meritassimo 3-4 punti in più».

11_mazzarriLo guarda anche Walter Mazzarri, il bicchiere di quest'inizio stagione blucerchiata. Una classifica con qualche buco, l'eliminazione in Uefa, una squadra che sembra aver smarrito il filo del gioco pazientemente messo in piedi a Moena: è mezzo vuoto, quel bicchiere? Neanche a parlarne, non esiste proprio: «Io lo vedo più che mezzo pieno». E' il succo di una lunga chiacchierata, mezz'ora di brevi domande e lunghe risposte che il tecnico della Samp mette sul tavolo delle conferenze di Bogliasco prima di tornare – finalmente la sosta, direbbe lui – al lavoro sul campo.

Partiamo da qui, Mazzarri? Da questa sosta?
«Partiamo da qui, perché finalmente so di poter tornare a lavorare sul campo con la squadra: s'è iniziato bene già questa mattina, e ora bisogna fare un po' di allenamenti come si deve. Un richiamo fisico, ritrovare quelle qualità che giocando ogni tre giorni finisci col perdere… Parlo di lucidità, veemenza, rapidità. Parlo sì di resistenza, di potenza, ma il calcio è fatto anche di brillantezza nel breve: a volte fa la differenza tra un gol e un errore, per dieci centimetri subisci o ti salvi. Siamo partiti in ritiro prima degli altri, prima degli altri abbiamo affrontato impegni ufficiali: qualcosa era inevitabile pagare, adesso vediamo di recuperare e di presentarci alla ripresa, contro il Parma, in condizioni accettabili. Migliori di quelle delle ultime giornate».

Archiviata l'Uefa con la serata storta di Aalborg, comincia davvero una nuova stagione per la Samp?
«La prendo alla larga. Ricordate il ritiro? Ero soddisfatto, quasi stupito per come la squadra era entrata nei miei meccanismi. Poi sono iniziate le sfide vere, non ho più avuto la possibilità di allenare come piace a me e quel processo di apprendimento si è interrotto: c'è stata addirittura un'involuzione, ad esser sinceri. Ora si ricomincia, ho di nuovo il tempo per stare in campo con la squadra e spiegarle tutto quello che voglio da lei. Un esempio? I calci piazzati: dobbiamo fare di più e meglio. Li ho sempre sfruttati tantissimo, se posso ci faccio anche un allenamento intero sopra. Ma ditemi voi, avendo solo il sabato per preparare una partita, se posso stare a pensare alle palle inattive…».

E' il lato positivo dell'eliminazione europea, questo?
«Dirlo subito dopo Aalborg non si poteva, la delusione era fresca. Ora posso tirarlo fuori, quel che penso della coppa: in fondo non riesco neanche più a tenerlo per me… La priorità esclusiva era ed è il campionato, e andare avanti sarebbe stato un massacro. Punto. Ci siamo buttati in quest'avventura per dare una soddisfazione ai tifosi, e io ho accettato di buon grado, con entusiasmo, perché cominciare dieci giorni prima mi serviva per conoscere meglio la squadra. Ma fossimo passati al gironcino, avevo già deciso che la Uefa l'avrebbe affrontata un'altra squadra rispetto a quella della domenica: cinque Primavera, magari. Perché anche così, per tenere in piedi le due competizioni, in classifica abbiamo pagato qualcosa, figuriamoci andando avanti. L'idea era questa ed era chiarissima: proviamo a qualificarci (e ci abbiamo provato in tutti i modi) per dare una soddisfazione ai nostri tifosi, ma a quel punto precedenza assoluta al campionato».

E allora, in campionato, dove può arrivare la Samp?
«Una premessa: né io ne Marotta abbiamo mai parlato di obiettivi, e non intendo farlo adesso. Dico solo che se oggi, alla settima di campionato, mi chiedete di pensare ad un ottavo posto, beh: io lo rifiuto. Anche se per il primo anno potrebbe anche venir considerato un buon risultato, badate bene. E' che sono fatto così, mi piace pensare di poter sempre ottenere il massimo attraverso una nostra organizzazione di gioco: perché, piaccia o meno come io metto in campo i miei ragazzi, il marchio di fabbrica che ha accompagnato la mia carriera è sempre stato quello, l'organizzazione».

E' un momento difficile, quello che vive la Samp tra Aalborg, Torino e la necessità di battere il Parma alla ripresa?
«Credo che il risultato influenzi molti giudizi. Torino, ad esempio: la squadra del primo tempo è quella che mi è piaciuta di più in assoluto, per come ha giocato, e non avessimo preso quel gol balordo a tre minuti dalla fine si sarebbe parlato di una grande Samp che in dieci aveva saputo tenere testa al Torino… Invece su quel corner mancava un uomo sul corto, siamo arrivati in ritardo e ci ritroviamo a commentare una beffa. Ma all'inizio di un ciclo, questo voglio chiarire, è normale pagare qualcosa: io non farei drammi e andrei oltre… Tanto più che in classifica siamo tutti lì, con due partite come si deve ti ritrovi a parlare di Champions League».

Cosa non ha funzionato, sin qui? L'impressione è che la squadra abbia girato bene finché non è stata costretta a fare i conti con gli infortuni.
«Siena, prima giornata. C'era stato il tempo di preparala come si deve, con una settimana di lavoro tutti insieme, e la squadra giocò bene meritando la vittoria. Su un campo mica facile, poi. Da lì in avanti partite in continuazione, infortuni e giocatori che non si sono mai fermati. Logico che il rendimento, soprattutto di quelli che ritenevo fondamentali e che non hanno mai riposato, calasse: si perde smalto, lucidità. Col senno di poi posso dire: li tenevo fuori in Uefa. Ma voleva dire snobbarla… Poi le assenze: dovendo cambiare spesso, la squadra finisce per risentirne nell'organizzazione. Il calendario: la Lazio in casa due giorni dopo l'Hajduk, il derby che fa storia a sé, la trasferta a Napoli nel loro momento migliore e non a porte chiuse, l'Inter, un campo difficile come Torino su cui pure non avremmo meritato di perdere. Sono lì, quei tre o quattro punti che ci mancano e che meritavamo».

Nella foto Pegaso, il tecnico blucerchiato Walter Mazzarri: prima stagione alla Samp.

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