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Giampaolo a Radio Anch’io Sport: «Il calcio è divertimento, con Ferrero sto benissimo»

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Giampaolo a Radio Anch’io Sport: «Il calcio è divertimento, con Ferrero sto benissimo»

Il giro delle interviste non è finito, neppure il giorno dopo la vittoria di Milano Marco Giampaolo può dire di no ai giornalisti. Troppo bello il momento blucerchiato per stare muti. E allora il mister è intervenuto in diretta a Radio Anch’io Sport, commentando così l’ultimo successo: «Mi hanno ricordato che non avevo mai battuto il Milan, ma non è facile batterlo. Sono proprio contento per ieri. Che ho detto ai miei prima della gara? Li tengo sempre tranquilli, io credo che i calciatori debbano divertirsi giocando a pallone. Ho tanti ragazzi giovani che non si portano dietro i costumi di una tradizione tutta italiana, ma entrano in campo e se la giocano».

Giocatori. Dividiamo i meriti: 50 per cento all’allenatore e 50 per cento alla squadra? «Durante la settimana si prepara la partita – spiega il mister agli ascoltatori di Radio 1 -, poi però la domenica bisogna avere il gusto di giocarsela. Nello specifico, il Milan ha grandi capacità nel possesso palla: hanno avuto la meglio sulla nostra qualità del gioco. Lì ho capito che bisognava cambiare qualcosa, poi però i nostri subentrati hanno messo in campo le loro qualità e ci hanno fatto vincere. Sono i giocatori che vincono la domenica».

Giovani. La Sampdoria guida la new generation della Serie A, piena di giovani com’è. «Io penso che in Italia si trasudi tensione: c’è pressione, interna ed esterna – riflette -. Questi ragazzi che arrivano da altri campionati però non la sentono, almeno non all’inizio. Infatti giochi a calcio perché è una passione, un divertimento, è un qualcosa che ti cresce dentro. Non deve essere come andare in guerra. Se non mi diverto rendo meno. Questo è quello che stiamo cercando di fare con questa squadra».

Scelte. New generation, capitolo secondo. «Va dato merito al grande lavoro di scouting e a chi si occupa delle scelte societarie, se oggi ci sono più giovani in A – continua -. Queste sono le linee guida dei club e vanno apprezzate. All’allenatore spetta allenare, e se ha tutti giovani li deve fare giocare per forza. Alle spalle ci sono anche ragionamenti economici: il calcio è molto cambiato ed è sempre più importante fare delle plusvalenze. Con un ventenne puoi farlo, con un trentenne no».

Presidente. A vedere giocare il Doria sembra difficile pensare che Giampaolo non sia mai stato chiamato da una cosidetta grande. «Ci sono state delle opportunità – svela -, ma non delle delusioni. Ho sempre avuto possibilità di guardare avanti. Con chi accadde? È successo con Juventus, Milan e Roma. Ma va bene così, io sto bene alla Samp». Anche perché con Ferrero le cose vanno a gonfie vele. «Il presidente è una persona veramente intelligente – conferma -, è molto diverso da quello che appare in televisione. È uomo da bosco e da riviera. Ha un rapporto diretto con me, ha molta stima e fiducia nei miei confronti. E non è mai entrato nel merito delle scelte tecniche».

Cambiare. «La maturità di Muriel? Questo può essere il suo anno – dice parlando di attaccanti, vecchi e nuovi -. Lui è l’unico che sostiene due volte il doppio allenamento, e poi sta attento all’alimentazione: credo sia scattata la voglia di cambiare. Se questi sono gli atteggiamenti non può altro che crescere, dipende solo da lui. Cassano? L’ho portato in ritiro, fisicamente stava bene. Pensavo che servisse poco nel nostro piano tattico, ma che andasse usato come falso nove. Sarebbero serviti attaccanti esterni diversi. Il comportamento è stato esemplare, ma il club secondo una legittima scelta programmatica aveva deciso di puntare su una rosa diversa, fatta di giovani».

Fame. Uno dei volti della terribile banda degli anni 90 è Torreira. «Morfologicamente è un Medel, un Gargano – gioca con le somiglianze Giampaolo per dare l’idea -. È un centrocampista dotato di grande intelligenza tattica. Sa sempre dove va a cadere il pallone. Lui ha fame, quella vera. Si vede che è nato nei vicoli, ha tutte quelle furbizie e quelle intuizioni del ragazzo di strada che deve imparare a cavarsela».

Gestione. Un’ultima battuta in diretta è riservata alla gestione del triplo impegno e delle sconfitte con Juve e Roma di Coppa Italia. «Ci sono motivi forti perché feci quelle scelte di formazione – conclude -. Innanzitutto, si giocavano tre partite quella settimana, venivamo dal derby e avremmo giocato con l’Inter. Poi il nostro modulo è molto dispendioso per gli attaccanti. Io alleno 25 giocatori, non 11. Se poi hai bisogno di chi non fai giocare, non lo trovi pronto se non lo metti mai in campo. Feci la miglior formazione, che spesso è quella che sul piano fisico riesce a tenere botta con l’avversario. Così anche in TIM Cup. Bisogna che si rispettino i principi di gestione dello spogliatoio, che a molti interessano poco ma che per un allenatore sono fondamentali».

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